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Lunedì due settembre è il giorno in cui finalmente trovai il coraggio. Quello che ti spinge a fare delle scelte importanti, quello che ti fa percepire l'adrenalina, che ti fa girare la testa. Il mio zaino era pronto già da un po', messo nell'angolino della mia stanza, quasi stufo di aspettare. Lo misi in spalla, il suo vero posto, e uscii di casa per andare a prendere il primo volo disponibile. Mi piaceva l'idea di non aver programmato nulla, né la metà, né l'itinerario perché volevo che questo viaggio fosse diverso. La sorte scelse per me il Marocco e in meno di tre ore fui a destinazione. L'impatto fu molto intenso, quasi frastornante. Colori, tappeti, spezie, profumi, odori forti, caos, animali per la strada, ma anche gente sorridente, accogliente, vivace. Nei giorni seguenti cominciai a chiedere informazioni per delle escursioni e mi imbattei in Lahlali, un uomo sulla cinquantina, che conosceva la mia lingua e che aveva molta voglia di farmi conoscere il suo paese. Accettai subito il suo passaggio in macchina, quasi incoscientemente, e quello si rivelò poi il primo di una lunga serie. Passammo ore ed ore per le strade del Marocco, io con lo zaino sulle gambe, lui con i suoi racconti sulle labbra. Ero così affascinata dalle sue storie di vita che quasi non mi accorsi di essere arrivata alle pendici del deserto del Sahara. Lahlali mi lasciò così, con la promessa di rivederci il giorno seguente e, fidandomi di una donna che mi posò sulla nuca un velo color acqua marina, salii su un dromedario e col sole alle mie spalle ella mi portò verso quella che sarebbe stata la mia dimora per la notte e dove trovai altre persone provenienti da ogni parte del globo. Lo scambio di idee, culture e tradizioni che ne seguì, arricchì il mio spirito come mai nessuna esperienza prima di allora aveva fatto. Mangiammo prodotti locali, bevemmo il famoso thé alla menta da prendere rigorosamente con la mano destra, cantammo e ballammo le loro canzoni. Poi un uomo, probabilmente il capo di quella piccola comunità, ci portò su una duna molto alta, ci fece sedere in cerchio e ci fece fumare il tipico narghilè, permettendoci di fotografare con gli occhi uno dei tramonti più emozionanti della mia vita. Rimanemmo lì fino a quando il sole lasciò il posto alla sera e sdraiandoci a contatto con la sabbia, potemmo ammirare migliaia di stelle cadenti grazie alle quali potei esprimere non pochi desideri. In quel preciso momento compresi quanto il coraggio che era arrivato qualche tempo prima, mi avesse permesso di vivere, di conoscere una nuova parte di me, ma soprattutto del mondo. Il giorno seguente e quelli dopo ancora, Lahlali mi portò in altri luoghi, con alcune difficoltà, tra strade molto lunghe e non di facile percorrenza. Ma capitava, a volte, che si fermasse per salutare un bambino per chiedergli come stesse e così tutta la mia stanchezza e i dolori fisici svanivano per un attimo e mi godevo quei sorrisi sinceri imprimendoli nella testa per non dimenticarli mai. Arrivò poi il giorno dei saluti, il mio viaggio nell'ignoto, che un po' mi aveva cambiato la vita, giunse al termine e Lahlali mi salutò così: "Ricordati che nella vita non importa quanto vai lontano, ma cosa porti con te quando torni".